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Miles Cooper Seaton

Phases In Exile

Phases In Exile

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2016

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Descrizione

Mentre lavoravo a questo disco, in primo piano nella mia mente c’erano immagini del deserto occidentale degli Stati Uniti. Subito prima di registrarlo, avevo guidato dalla Carolina del Nord a LA, fermandomi in Arizona, nel New Mexico e nel West Texas. Poi mi sono girato, ho guidato indietro verso casa e ne ho fatto le orchestrazioni.

Un’immagine che ho fissa in testa è l’alba sulle montagne mentre lasciavo Taos alle 5:30 di mattina. Stavo ascoltando Death and the Compass e c’era la forte sensazione che la musica non fosse un accompagnamento ma un elemento fondamentale dell’esperienza – qualcosa di simile alla sinestesia, dove la percezione del tutto si fonde insieme. Dava la sensazione di essere un segnale o una guida verso ciò che stavo cercando di fare con questa musica. L’ho presa come un’indicazione del fatto che stavo andando nella direzione giusta.

Quando osserviamo dall’alto di Monument Valley o del Grand Canyon, o da qualche altro imperscrutabile punto d’osservazione, nella percezione distorta della profondità che proviamo c’è una sensazione di presenza senza limiti. La nostra innata sensazione di vuoto in qualche modo si fonde col vuoto che abbiamo attorno. Non è la stessa sensazione di quando osserviamo da uno strapiombo sull’oceano: quella è una sensazione di un recipiente che viene riempito, o di un potenziale che viene realizzato, anche se è solo un’illusione.

Sono questi, per me, i fattori contrastanti: unire un metodo compositivo minimale (o minimalista) e paesaggistico con qualcosa di molto lirico e diretto. Cercare di creare, per quanto possibile, un’esperienza per l’ascoltatore in cui possano riconoscersi non solo come una parte della vastità che li circonda –nella vita quotidiana, o nell’atto di ascoltare musica o fruire una performance – ma come quella stessa vastità.

Quel paesaggio che è descritto in Shaker Loops di John Adams, o nei pezzi per organo e percussioni di Steve Reich, invita la nostra immaginazione a piazzarci psichicamente o addirittura fisicamente al suo interno. L’effetto è innegabilmente potente, cosa di cui faccio tesoro e da cui cerco spesso di attingere. Ma il primo obiettivo della musica in forma canzone di questo disco è di condurre l’ascoltatore verso questa vastità non solo fisicamente e psichicamente ma anche emozionalmente. Il narratore è la tua guida verso lo spazio. Poi, a un certo punto, ti abbandona a contemplare la vastità del canyon di fronte a te, e gli elementi fisici, psichici ed emotivi cedono di fronte a una consapevolezza generale di essere quello spazio. Quello spazio è la vastità. È diversa per ogni persona, che ci si voglia relazionare a essa come alla molteplice vastità dell’inconscio collettivo pulsante all’interno dell’esperienza tecnologica globale, o che la si veda come la vastità senza limiti del cosmo che si annida dietro alle minuscole stelle nel cielo notturno.

Tracklist

  1. Out Here
  2. Pacts With Beasts
  3. I Am That
  4. It Just Does
  5. Little Prince
  6. Persona (The Killer)
  7. Division
  8. Nothing Lasts
  9. Death and the Compass
  10. Homes by the Sea